mercoledì 26 dicembre 2007

VIVERE SU CARTA CHE BRUCIA



Raccontarsi.
Scrivere, e bruciarsi le mani.
Le fiamme divorano la carta, falene di fuoco che si librano nell’aria.
Parole.
Parole come stelle, raggi di luce scintillante a fendere ed offendere la nebbia.
Parole che sussurrano e come grida infrangono il gelido silenzio che intossica le vene.

…A volte prendi così tante botte

che anche la penna diventa
un macigno impossibile da sollevare.
Sparring partner della vita, destinato al KO.

…A volte grumi di veleno scorrono nel tuo sangue,

gli occhi sputano lacrime,
le iridi si sfarinano…

…A volte il freddo è così pungente

che le tue ali si ghiacciano,
movimenti cristallizzati che ti fanno precipitare al suolo,
in un violento e fragoroso frantumarsi di sogni…

…Altre volte, invece, sembra che…
…che le parole non bastino….
Come quando senti l’infinito muoversi dentro di te, e tutto il resto sembra sparire…
…E anche se fuori il mondo continua a fremere e urlare e sputare, tu ormai sei rapito,
e non c’è niente da fare,
potrebbero anche spararti con un cannone,

ma tu a quella magia non rinunceresti mai.
Un po’ come succede a Mormy in Castelli di rabbia:

emozioni – immagini così intense da togliere il fiato – ma anche suoni, musiche, voci – di una bellezza talmente profonda e tagliente che…

Crepita e brucia, la magia del racconto.


Silenzi.
Silenzi che fanno paura.
E frastuono assordante di parole stridenti, acrobazie inutili nel vuoto.

Parole, parole. Migliaia di costellazioni di parole: ma già spente.

E allora qual è una soluzione per difendersi da un mondo del genere, se non quella di affidarsi alla salvifica poesia del racconto?
Perché raccontare significa far brillare le stelle, accendere dei fuochi nella notte, camminare insieme, mano nella mano.
E mettersi in gioco.
Usare le parole per comunicare, nel senso letterale: condividere.
Raccontare – e raccontarsi, mettendo in gioco se stessi, le proprie paure, i desideri, le emozioni più nascoste – è un gesto d’amore?
Sì, io penso di sì.
Ci credo, ci voglio credere.
Altrimenti nessuna parola avrebbe più senso. Nemmeno queste.

Voglio sporcarmi le mani di lettere in bianco e nero.
Voglio tuffarmi in un cimitero di libri abbandonati e, tra la polvere e i labirinti, scegliere e farmi scegliere da un libro soltanto.
Voglio immergermi in un mondo inventato, e reale proprio perché fantastico, suggerito, evocato, immaginato.
Voglio inverosimili tempi futuri da dipingere.
Voglio spedire lettere mai scritte.
Voglio avere la forza di sognare ogni giorno.
Voglio la dolcezza di una ragazza con cui sfogliare le pagine di cui siamo fatti.

Voglio scrivere, perché forse Pirandello aveva torto. Scrivere è vivere!

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