giovedì 6 dicembre 2007

GOCCE CHE COLANO DALLO SCHERMO

Un’immagine non è mai innocente: nasconde sempre, tra le sue pieghe, un segreto.
Un segreto terribile.
Inquietante.
Come un alone di mistero.
Come una traccia di sangue.
Gli aerei che esplodono contro le Twin Towers sono le perfette icone della finzione che colonizza il reale.
È l’orrore della morte che si fa spettacolo, macabro spettacolo del dolore.
La distruzione della civiltà, dipinta tante volte nei più catastrofici film hollywoodiani, abbandona la sua dimensione virtuale, immaginaria, e si letteralizza nel mondo. La minaccia viene dal cielo, spazio per eccellenza dell’altrove. Proprio come gli alieni provenienti da lontane galassie - creature mostruose con un unico scopo: distruggerci - i terroristi piombano a frantumare le Torri Gemelle, cuore simbolico dell’America e dei suoi valori. Dai muri sgretolati colano il sangue e la paura.
La partita si combatte sulla scacchiera della morte, “morte simbolica e sacrificale” come la definisce Jean Baudrillard.
Il modo di “vivere la morte” è l’arma attraverso cui avviene il confronto - o, meglio, lo scontro - con l’altro. Ma chi è questo “altro”, oggi, per noi, per la nostra società occidentale? Non è l’alieno assoluto, lo sconosciuto radicale. Piuttosto, come nella concezione di Baudrillard, è l’altro simile a noi, quello che abbiamo privato della sua specifica identità. È l’altro inglobato e integrato nel sistema, reso sempre più uniforme e funzionale. Svuotato della sua singolare specificità, l’altro diventa il “medesimo”, parte dell’ingranaggio, una specie di specchio in cui l’Occidente cerca la conferma della propria forza dominatrice sul resto del pianeta.
Ma da dove nasce questa presunta forza?
È attraverso la costruzione di un sistema mass-mediatico pervasivo ed invasivo che la società post-moderna fa brillare il proprio potere. Un potere - anche politico - che consiste nell’imporre una visione del mondo.
Il senso di un’identità si costruisce grazie al confronto degli sguardi, nella consapevolezza di non essere invisibili: percepire ed essere percepiti dagli altri è l’atto fondante di ogni possibile identità. E se le visioni del mondo occidentale si propagano in ogni angolo della terra attraverso la diffusione capillare dei prodotti dell’industria culturale - dai programmi televisivi ai successi cinematografici, dai siti Internet ai giornali -, allora questo rende possibile una percezione di sé attraverso dei simulacri: l’altro fonda la propria identità anche sulle immagini di se stesso che vede riflesse nei mass-media.
Immagini che scorrono veloci, evanescenti, stereotipate.
Immagini che ne disegnano il ruolo, che ne dipingono le possibilità espressive.
Ma il sistema mass-mediale non ha, per fortuna, né la perfezione né la forza devastante della Matrice di Matrix. Così tra le sue crepe si possono insinuare i virus della rivolta, i germi della ribellione. Proprio come ci insegnano i doppi umani artificiali, le creature macchiniche che la fantascienza e il cyber-cinema hanno eletto a protagonisti del mondo post-umano. Androidi e robot che si ribellano al creatore, incapaci di accettare il loro piccolo ruolo di vittime sacrificali. Nelle loro rivolte chiedono un ruolo da protagonisti sul palcoscenico della vita. Pretendono di potersi autodeterminare, ribellandosi al ruolo che per loro è stato disegnato da altri.
Non è la stessa logica dei terroristi che si fanno esplodere in volo, l’11 settembre, schiantandosi contro i grattacieli che dominano lo sky-line di New York? La loro ribellione è contro quel sistema mass-mediatico che pretende di dipingere i loro ruoli, le loro identità, riducendole a parte secondaria del sistema. Il terrorismo contemporaneo, allora, può essere considerato il frutto dell’imposizione di un’unica visione sul mondo, quella propugnata dal sistema dei media?
I terroristi giocano pericolosamente con la morte. E scatenano la paura. Una paura che scivola dallo schermo, filtra nella vita quotidiana, e si infila sotto la pelle. Come una bestia assassina. Come una malattia.
Codice rosso, stato di allerta costante.
La paura diventa parte integrante di quello stesso sistema vittima dell’attacco terroristico, si trasforma in motore emozionale ed economico. È la paura che i ruoli si ribaltino, la paura di diventare schiavi del dominio dell’altro, di precipitare nell’incubo. La spirale di violenza può ribaltare l’ordine prestabilito di questo mondo, chiudersi con il trionfo delle creature ribelli?
Dalla paura scaturisce, ancora, la violenza. Violenza cieca, feroce, criminalmente lucida.
Violenza che si manifesta nel tentativo di opporsi alla perdita del controllo, nel desiderio di affermare, ancora una volta, il proprio potere. E di imporlo, mostrando al mondo intero la propria immutata capacità di dominio.
Ma sicuramente nemmeno queste nuove immagini, figlie della violenza, sono innocenti. Anzi. Sono immagini cariche di raccapricciante terrore. Un orrore, assoluto.

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