domenica 22 dicembre 2013

ALI DI CARTA






-  Chissà cosa stava scrivendo quella donna.
-  Già. Chissà.
-  Non gliel’hai chiesto?
-  No, no.
-  Non eri curioso?
-  Certo, certo. Ma non era il contenuto che mi interessava. Era il gesto.
-  Secondo te cosa stava scrivendo?
-  Non lo so, ma… stava scrivendo. Avrebbe potuto scrivere qualsiasi cosa. Era lì, ma era come se fosse anche da un’altra parte. La radio trasmetteva canzoni, e le altre persone chiacchieravano, ridevano, vivevano. Lei era lì, concentrata nel suo silenzio: e in quel piccolo gesto trovava tutto ciò di cui aveva bisogno, in quel momento.
-  Mi piace.
-  Cosa ti piace?
-  Questa foto. Le emozioni che mi trasmette. Il bianco e nero.
-  Ti affascina il bianco e nero?
-  Sì, molto. Sai cosa penso? Che mi piacerebbe poter guardare il mondo in bianco e nero, qualche volta…
-  Eh, ma non si può, cara mia…
-  Peccato. Sarebbe più poetico.


Martina era arrivata al paesino quello stesso giorno, nel primo pomeriggio.
Il nonno l’aspettava seduto su una panchina, vicino alla fontana della piazza. L’aveva riconosciuta subito, appena scesa dall’autobus, anche se non la vedeva da parecchi mesi: Martina si portava sempre addosso l’energia sognante dei suoi diciassette anni, e nei suoi occhi brillava il desiderio di assaporare il mondo. Gli era subito corsa incontro, e l’aveva abbracciato forte, senza neanche togliersi gli auricolari. “Chissà che musica ascolta tutto il tempo”, pensò il nonno.
Camminando insieme verso casa, a passo lento, il vecchietto sentì dentro un’emozione che non provava da tempo, come un lampo di felicità. Era davvero contento che lei avesse accettato l’invito. Perché quella seguente – ne era sicuro – sarebbe stata un’alba speciale.


- Ma perché poi hai smesso? Di fare le foto, voglio dire.
- È una storia lunga, piccola.
- Io non ho fretta.
- Diciamo che ho smesso perché ho trovato la luce giusta.
- …
- La luce giusta per vivere, capisci?
Martina guarda il nonno. Ci pensa. Poi scuote la testa.
-  Nelle fotografie che scattavo cercavo sempre l’inquadratura giusta, ma soprattutto la luce. Non mi importava se stavo fotografando una persona, o un gatto, o una montagna: l’importante era che ci fosse la luce giusta. Lo facevo così, d’istinto, senza pensarci. E mi sentivo felice solo quando, in camera oscura, saltava fuori una foto bella. Così poi ho capito. Ho capito che era quello che dovevo fare nella mia vita: trovare la luce giusta, e viverci dentro.
- E l’hai trovata?
- Ci ho messo un po’, ma… sì, credo di averla trovata. L’ho abitata per un po’. Quella luce, quell’atmosfera… e tua nonna.
- E se l’è portata via nonna quella luce?
- Beh, in un certo senso. Non è più la stessa luce, senza di lei. Ma almeno so che c’è stata.


Il caffè gorgoglia nella moka.
Il nonno lo versa nella tazza. Due cucchiaini di zucchero, giusto per non far arrabbiare il dottore.
 Sul tavolo della cucina Martina ha lasciato il lettore mp3. “Strano – pensa il nonno -. Dopo le chiedo di farmi ascoltare una delle sue canzoni”.
Fuori dalla finestra il cielo del tramonto si colora di arancio.
Il nonno sorseggia lentamente il caffè.
Martina è seduta ai piedi del ciliegio, in fondo al giardino. È lo stesso albero al cui ramo aveva appeso un’altalena per farla divertire quando, da piccola, veniva a trovarlo qualche giorno d’estate.
“Tutto si attraversa col tempo”, pensa il nonno. “Tempo da vivere, tempo da scegliere, tempo da attraversare, prima che lui passi su di noi”.
Sorseggia ancora un po’ di caffè. Lentamente. Lo assapora.
Le rughe vicine agli angoli degli occhi si bagnano, mentre osserva la sua nipotina, ormai donna, che scrive, seduta sull’erba sotto il ciliegio.


Tutto mi raggiunge, e sono qua, con la mia pelle.
Sento il calore del mondo.
Sento il profumo di quest’erba verde.
Mi sento viva.
E scrivo.
Inchiostro nero su fogli bianchi. Per raccontarmi, ma anche per ascoltarmi.
Voglio scrivere, e vivere queste emozioni.
E salvarle.
Anche nonno faceva qualcosa di simile, con le sue fotografie.
Era come se scrivesse con la luce.
“La pellicola – mi ha detto – è come carta che brucia”.
Io voglio che a bruciare sia la passione, il desiderio, la voglia di vita.
Voglio scattare tante foto con la luce giusta,
voglio scrivere
e vivere il mio tempo, le mie emozioni,
e avere tanti ricordi da riguardare, quando sarò vecchia,
perché vorrà dire che avrò vissuto.


-  E tu nonno, in quale personaggio ti identifichi? A me piace tanto la ragazza che scrive dieto gli occhiali scuri…
-  Io non mi identifico in nessuno in particolare…
-  No? E come mai?
-  Di questa foto mi piace la luce, l’atmosfera, non un personaggio solo. È tutto l’insieme che mi ha sempre emozionato.
-  Il discorso della luce giusta di prima…
-  Sì, ma non solo. Una foto è un racconto, e un racconto è una storia. E io, mi sento parte di quella storia. Non sono solo questo o quel personaggio: sono tutti loro, sono la luce che li illumina, sono le ombre in cui si nascondono, sono gli sguardi che si scambiano, sono l’atmosfera che si respira, sono le emozioni che mi porto dentro. Riesci a capire?
- 
-  Ora dormi piccola. Domani ci aspetta l’alba.


Quando stropiccia gli occhi al risveglio, è ancora buio. Il nonno le ha già preparato la colazione, e la esorta a far presto: devono mettersi in marcia. Il sentiero per arrivare al laghetto, ai piedi della collina, è poco illuminato. Ma il nonno lo conosce a memoria, e lo percorre col suo passo lento ma sicuro.
- Ecco, siamo arrivati. Ora aspettiamo qui.
L’erba è tutta bagnata di rugiada primaverile. Le prime pennellate di luce spuntano dall’orizzonte, e in breve tempo il blu diventa azzurro. I primi raggi di sole baciano la pelle del nonno e di Martina.
- Tra poco voleranno. Ecco, guarda là!
Come petali di un fiore incantato, le ali di una farfalla bianca si librano in volo.
- Questa è l’ultima alba delle crisalidi.
Centinaia di piccole farfalle prendono il volo, sollevandosi da uno spicchio di terra accanto al lago. Sembra una soffice tempesta di fiori volanti.
- È una magia!, grida Martina.
Una farfalla fuori rotta li sfiora, con la sua traiettoria indecifrabile e imprevedibile, incapace di seguire una linea retta.
Martina stringe la mano rugosa del nonno. E una nuova giornata inizia.





testo scritto durante l'atelier "Lo scrittoio" condotto da Maria Beltramo