mercoledì 31 ottobre 2012

"CODE NAME: GERONIMO". MORTE DI UN'ICONA




Chi crea le notizie? Quali sceneggiature vengono scritte per noi ogni giorno, per farci immergere in una storia di cui dovremmo essere soltanto gli spettatori passivi e sottomessi?
Il giornalismo attuale è sempre più vittima di se stesso: la fretta e l’ansia di pubblicare una notizia spesso non consentono una accurata verifica delle fonti e dei fatti. L’importante è sparare la notizia, salvo poi eventualmente ritrattarla. In un mondo sempre più liquido e pieno di schermi, in cui la suggestionabilità dell’homo videns sta nettamente surclassando la capacità di pensiero dell’homo legens, una notizia trasmessa dalle tv di tutto il mondo è molto più potente della sua eventuale smentita.
Il governo degli Stati Uniti conosce perfettamente questa legge della comunicazione.
Il 2 maggio 2011 il presidente americano e premio Nobel per la pace, Barack Obama, si è accaparrato anche il ruolo di “Vendicatore dell’America” dichiarando soddisfatto in tv che giustizia è fatta, bin Laden è morto.
La versione ufficiale del blitz ad Abbottabad in cui il famigerato leader di Al Qaeda sarebbe stato ucciso, per essere poi precipitosamente seppellito in mare, ha subito fatto il giro del mondo grazie ai media mainstream, troppo spesso impegnati a spacciare per vere le favole inventate dal potere.
Ma di fronte alle evidenti contraddizioni e imprecisioni della versione ufficiale del blitz, l’impressione è stata quella di essere spettatori impotenti di un evento tanto spettacolare quanto finzionale: come in un nuovo cortocircuito tra realtà e finzione, l’incarnazione del male ha trovato la morte in un’operazione militare in puro stile action movie.
D’altra parte, in tutta questa storia iniziata l’11 settembre 2001 con lo spostamento dei confini del visibile e con l’immissione nell’immaginario del concetto di vulnerabilità, i confini tra la realtà e la sua rappresentazione non esistono più, perché tendono a coincidere.
Con l’operazione in Pakistan la terrificante e imprendibile icona di bin Laden è stata ufficialmente sgretolata, indipendentemente dalla veridicità dell’operazione: forse il referente reale, lo sceicco del terrore, era morto già da tempo, ma non la sua fantasmatica immagine, sempre pronta a tenere alta la tensione nel mondo occidentale.
Cosa significa dunque realizzare un film come Code Name: Geronimo?
Che significato assume un lavoro di questo tipo in un mondo dove la realtà tende a scomparire, inghiottita dalla sua rappresentazione?
Concentrandosi sul corpo dei marines impegnati nel blitz e sui funzionari della stanza dei bottoni, il film utilizza alcuni stilemi del cinema d’azione mescolandoli a soggettive da war games in prima persona, in una fusione tra cinema ed estetica videoludica che contribuisce alla creazione di una visione edulcorata degli scenari di guerra e che restituisce una percezione della morte svuotata di profondità. Al di là dell’aspetto formale, è chiaro che Code Name: Geronimo non è che una grossolana operazione di propaganda politica e di mistificazione della realtà, partorita tra l’altro in piena corsa elettorale. Negli USA il film è stato trasmesso solo in televisione, su un canale generalmente dedicato ai documentari: e questo è un passaggio fondamentale per capire come queste immagini possano arrivare al grande pubblico. Eppure Code Name: Geronimo, nonostante la sua forzata verniciatura di realismo, non può essere considerato una docu-fiction: il suo script si appoggia ad una sceneggiatura mediatica molto più ampia, ovvero quella che dal giorno del blitz di Abbottabad i media occidentali hanno considerato come la più attendibile versione della fine di un’epoca. Volendo rimanere fedele alla macro-sceneggiatura, la pellicola di Stockwell non può - né vuole - aggiungere altro. Anzi, oltre a sdoganare l’utilizzo della tortura, come nella scena iniziale, cerca di liquidare frettolosamente anche le posizioni dei “complottisti”: le loro posizioni saranno ovviamente smentite dalla rocambolesca fine di bin Laden.
In questo modo Code Name: Geronimo si colloca pienamente dentro l’orizzonte della propaganda: il suo obiettivo è quello di consolidare una narrazione, di dominarla e renderla mitica e inattaccabile. È interessante sottolineare come questa pellicola condivida con la macro-sceneggiatura della guerra al terrorismo la sostanziale invisibilità del nemico: nonostante l’aura di ricostruzione storica del film, il ruolo di bin Laden viene più che altro suggerito ed evocato, come fosse un fantasma. Anche nel momento clou dell’assalto finale il suo volto non appare mai interamente sullo schermo. Perché questa scelta? Sarebbe stato troppo rischioso sostituirlo con un sosia, perché con le icone non si può giocare: si rischierebbe di dichiarare al mondo che qualsiasi finzione, anche la più crudele e terrorizzante, è possibile.

sabato 30 giugno 2012

SULLE STRADE DELLA COLPA




E' come una lenta processione: tre auto che scivolano sulle colline dell'Anatolia.
La notte è squarciata dai fari, scie di luce calda che accarezzano i profili delle colline e scandagliano le strade deserte.
Un uomo, in manette, chiude gli occhi. Vorrebbe solo dormire.
E invece ha promesso agli investigatori di indicare il luogo in cui avrebbe sepolto il cadavere del suo amico.
Il sonno e la colpa appannano gli occhi, offuscano i ricordi.
Le campagne si assomigliano tutte.
E l'uomo non riesce - o non vuole - ricordare.
C'era una volta in Anatolia è cinema puro, essenziale. Cinema fatto di luci che illuminano con dolcezza la notte, di vento che fa danzare le foglie, di cieli carichi di fulmini e poesia. Il film di Nuri Blige Ceylan è un viaggio nell'anima, in un paesaggio interiore notturno e malinconico, dove si è soli con i propri mostri.
Tre macchine. Tre atti. E tre personaggi cardine: il commissario, il procuratore, il medico.
Tutti maschi.
Le donne sono voci metalliche al telefono, sono ombre del passato, sono ricordi struggenti. Sono gli occhi dignitosi e forti di una vedova. Sono la bellezza angelica di un'adolescente capace di illuminare il buio con una candela.
Le donne sono l'energia generatrice, sono la vita che sopravvive alla morte.
…C'era una volta una donna, di una bellezza inaudita, che aveva previsto con mesi di anticipo il giorno della propria inspiegabile morte. "Infarto", aveva decretato il dottore di turno. Ma come può una donna conoscere la propria fine? Una carezza al bimbo appena partorito, e se n'era volata via. Com'era possibile?
"Dottore, una persona può decidere di suicidarsi per punire un'altra persona?"
"Le donne non perdonano così facilmente, signor procuratore".
Anche gli uomini che accusano per professione, volgendo lo sguardo dentro di sé, non possono che annegare nel mare della colpa: la colpa di non saper amare abbastanza, di non sapersi donare. La colpa di chiudersi a guscio nelle proprie miserie, lasciando scappare i miracoli della vita. La colpa di non trovare le chiavi per diventare dei buoni padri, dei buoni mariti, o semplicemente delle buone persone, vive.
Sui loro visi sono disegnati occhi che trattengono a stento le lacrime.
Le barbe lunghe di giorni, le rughe come cicatrici del tempo. E le macchie sulla pelle, simbolo di decomposizione umana: le facce, le espressioni, i silenzi dicono più di tante parole apparentemente casuali.
Nel dolore di uno sguardo che si rovescia dentro, come una fredda autopsia, è racchiusa però anche la speranza di recuperare la propria umanità, e di salvarne almeno una piccola parte vitale.
Anche la fioca luce di una candela può salvare la notte dal buio.


giovedì 31 maggio 2012

DIAZ... LA VERGOGNA


"La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale" - secondo Amnesty International.


Lampi di sangue nel buio,
frammenti veloci
che incidono sulla carne
ombre che restano.
L'odore pesante,
la sensazione materica,
la pesantezza
di un orrore
inferto
e ripetuto.
Una cicatrice viva
e sanguinante.
Rosso indelebile.
Rosso sangue.

venerdì 30 marzo 2012

COME LE LACRIME, NOI CADIAMO NEGLI ANGOLI


Io oggi

ho voglia

di parlare con te

che non mi ascolti mai

Ma in questo sei mia complice
La tua magia che muore
La mia magia che muore
In questo siamo complici
Ora che stringi solo un uomo immaginario

Adesso che quando ci parliamo
i nostri aliti fanno delle nuvole
che fanno piovere

E ci troveremo a camminare tra le fabbriche lunghe come l'orizzonte

per una constatazione amichevole del nostro niente

Lo senti questo suono?
È il lamento del tempo
o una nota rubata nella casa del sogno?

C'è qualcosa che è dentro di noi
che è sbagliato e ci rende simili

Noi fuori dai campi dell'orgoglio e dall'ansia di medaglie
Noi fuori siamo l'acqua sprecata ai confini dei deserti
Fuori dai cortei, dalla burocrazia, fuori dalle fabbriche e dai musei
È dall'alto che ci sparpagliano, è là in alto che inventano il pericolo

Lei non lo sa, ma la verità è che lei vive in una canzone
È solo a causa della rima che lei pensa dice e fa cose strane
Ed è solamente per esigenze di metrica e di copione
Che in questo ritornello, con gli occhi spiritati, lei dirà:
"Fuoco corri con me!"

Che cosa stavi comprando
Quando si è richiuso il cielo?
Quando volevi abbracciarmi
E hai rovesciato il veleno..
Ed è come se
Non avessi mai
Deciso niente…

Dici sempre le preghiere
Conti fino a dieci e
Preghi ancora che
Non tocchi a te
Decidere

Prendi i miei occhi
le mie strofe copiate
prendi la mia smania e i miei sciocchi rancori
tutta la strada inutile che le mie scarpe hanno fatto
regina delusa
non badare alle voci
donerò i miei alibi a qualche amante infedele
perciò sciogli il tuo esercito assetato di pace
e lasciami violare le tue mura sguarnite.

Per conformarsi ad un certo modello di dolore

per un malinteso senso del progresso

per un difetto di fabbricazione

Il mio cuore

non è abbastanza grande
per sopportare tutte 

le sue periferie

Ma
Io voglio far qualcosa che serva
Dir la verità è un atto d'amore
Fatto per la nostra rabbia che muore

E non so se ho dentro
tutta la rabbia che mi sento
non so se è dentro o fuori
se è rabbia in bianco e nero
oppure rabbia a colori
non so se è rabbia innata
o rabbia di riporto
se è rabbia con una ragione
o dettata dal sentirmi in torto
se è rabbia di rabbia
o rabbia di malinconia
se solo sarà rabbia
o sono io a farne una malattia

E a volte è poco divertente
il non sentire proprio niente

Mentre guardo le tue fotografie
penso di non riconoscerti
ma se ti osservo attentamente
io vedo nella tua persona

almeno una piccola

forse una grande
parte di me

Tu non sei da salvare
sei da innalzare
per rimanere senza fiato
per non parlare
Sei la vendetta
la potenza della spada
il riscatto
sei l'umiltà e il silenzio
E a cosa servono le parole
se siamo senza di noi

Tesoro 

io per te

sacrificherei la vita 

di chiunque

anche la tua

Se non ci credi più, se dormi e sei più stanco.
se oggi è già domani e non è successo niente
se l'hai capito già, e poi non riesci a dirlo
che i nostri sogni sono più tristi uno dell'altro
va tutto bene, va tutto bene: ci siamo solo persi di vista.
va tutto bene, va tutto bene: ci vuole tempo per ricominciare,
per abituarsi alla fine, per abituarsi alla fine
e quanto costano…
i lavori irregolari, i militiari iraniani,
i tramonti che hanno dei colori chimici,

i detenuti morti,
i venti forti dei deserti libici,
i venti che incendiano i campi nomadi,
le meteoriti,
le navi ferme immobili tra l’Italia, Malta e la Libia
i primi fari antinebbia, le nostre ultime bufere violente,
le guardie notturne che vanno a dormire

non c’è niente da capire, non c’è niente da capire

ma io le cose non le voglio solo capire
io le cose le voglio mangiare

sai già tutto e non hai capito niente
benvenuto questa volta è tutto vero
benvenuto adesso che lo schermo è nero

Ora stringi fra le mani le tue lame stanche
E ricorda che la fine è la più importante

Non posso più sopportare
i miserabili al potere
solo le mie disperazioni 

mi fanno sentire ancora vivo 

ho fame d'amore

e ti desidero

ma eravamo illuminati,
morti per folgorazione a nove metri

ustionati dai nostri desideri

che, come le lacrime, noi cadiamo negli angoli

I tedeschi sono andati via
Come faremo ora a liberarci?
Non possiamo neanche uccidere il re
Perché si dice siamo noi i bersagli

I sistemi d’allarme si sono sgolati
non hanno fatto feriti,
i sistemi d’allarme si sono sgolati
non ci hanno sentiti.
E hanno i fanali accesi per investirci
e non ho paura sai degli antifurti,
dei carnivori, degli incendi estivi,
dei truffatori, dei grattacieli,
dei clandestini, dei finanzieri.

Nel tuo piccolo mondo fra piccole iene
anche il sole sorge solo se conviene.

La tua testa ce l'abbiamo noi
ce l'hai data un giorno che ti pesava troppo e poi
non l'hai più chiesta perché ora sai
che lì dentro non sei stato solo mai

Io so la mia verità e voglio andare in fondo a tutto quello che so
Io voglio assaporare ogni secondo che avrò.
Perché io sono un uomo. Io sono insicuro. Io sono il padre la madre il figlio
Io sono il vertice. Io sono l'assoluto. Io sono il genio. Io sono il mio assassino.
Ma sono l'unica cosa che mi rimane
Io sono l'ultima cosa che ho.
Sarò la prima cosa che avrò

Ho aperto troppe finestre
E non so da quale buttarmi
Voglio un nemico fidato
Voglio guardarlo negli occhi
Ci meritiamo le stragi altro che Alberto Sordi
Fatemi uscire di casa
Solo per costituirmi

Io non tremo
È solo un po' di me che se ne va

Almeno avessi scelto io quando uscire di scena
E non sentirsi dire più "Doveva succedere"
Nel mio passato c'era l'acciaio
Incandescente colava giù
Oh amore mio, cosa vuoi che sia il pericolo
Pur di vederti felice?
Voglio vederti felice!
E rivedere nel tuo viso tutte le stagioni
In quegli intrighi quotidiani
che hanno un solo vero nome: responsabilità

E succedevano già cosa orribili
le vedevamo sempre per ultimi
restate calmi
è una questione politica

Padre Nostro, non perdonarli mai

sapevano e sanno benissimo

quello che fanno: dicono sia legale

E questi buchi neri
che ci devastano il firmamento
inghiottono ciò che resta di noi,
ci svuotano dentro.
Nelle aritmie cardiache,
nei voli verticali,
nelle nostre danze elettriche,
negli sconforti autunnali.
Fra le lenzuola sudice
a leccarci le ferite,
proteggi i nostri impeti
nostra signora della dinamite

Io e te non siamo immobili
Io e te siamo quei venti che cambiano i deserti
Senza più paura di rimanere spogli


(Testi tratti da canzoni di
Le luci della centrale elettrica, Teatro degli orrori, Giorgio Canali, Massimo Volume, Veronika?, Afterhours, Ministri, Paolo Benvegnù, Punkreas)

mercoledì 29 febbraio 2012

LA RAPINA PERFETTA - STRUMENTI PER CAPIRE

È ufficiale: gli Stati Uniti d'Europa non hanno nulla a che fare con la democrazia. Il 2 febbraio 2012 è stata firmata dagli stati membri la nuova versione del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità.

Cos'è il MES, e perché nessuno ne parla?

Il MES è l'arma con cui le grandi potenze economiche e finanziarie che hanno conquistato l'Europa compiranno, indisturbate, nuove rapine nel corso dei prossimi anni. Ai danni dei semplici cittadini dell'Euro-zona, naturalmente.

Ufficialmente, il MES è un fondo di salvataggio, con il compito di erogare prestiti ai Paesi incapaci di ripianare da soli i loro debiti internazionali. Dietro questa maschera dipinta di solidarietà a grossa grana, si nasconde in realtà un organismo fortemente elitario e antidemocratico.

Queste sono le prove, contenute nel documento ufficiale scaricabile da qui:

http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ecofin/127788.pdf

Dunque, ricapitolando:

- l'articolo 8 stabilisce che il capitale sociale di partenza del MES ammonterà a 700 miliardi di euro

- l'articolo 10 stabilisce che l'articolo 8 può essere modificato dal consiglio dei governatori, che potranno innalzare senza limiti la cifra

- l'articolo 9, come se non bastasse, consente al consiglio dei governatori di esigere dagli Stati membri il pagamento del capitale non ancora versato, in tempi strettissimi (anche 7 giorni).

Ma le democrazie si opporranno, si potrebbe pensare.

Sbagliato. Perché, una volta ratificato il trattato, il MES è diventato un organismo "super-partes", su cui i parlamenti nazionali non hanno alcun diritto di veto.

Ecco la tabella riassuntiva che illustra quanto e in che percentuale ciascuno Stato contribuirà a rimpinguare le casse del MES:

Stato membro dell'ESM

Percentuale di
contributo

Sottoscrizione di capitale
(€)

Germania

27.1464

190,024,800,000

Francia

20.3859

142,701,300,000

Italia

17.9137

125,395,900,000

Spagna

11.9037

83,325,900,000

Olanda

5.717

40,019,000,000

Belgio

3.4771

24,339,700,000

Grecia

2.8167

19,716,900,000

Austria

2.7834

19,483,800,000

Portogallo

2.5092

17,564,400,000

Finlandia

1.7974

12,581,800,000

Irlanda

1.5922

11,145,400,000

Slovacchia

0.824

5,768,000,000

Slovenia

0.4276

2,993,200,000

Lussemburgo

0.2504

1,752,800,000

Cipro

0.1962

1,373,400,000

Estonia

0.186

1,302,000,000

Malta

0.0731

511,700,000

L'Italia è il terzo contribuente, con la percentuale del 17,9137%: contribuiremo perciò al MES con la quota di 125.395.900.000 €, cioè oltre 125 miliardi. 80 dei 700 miliardi andranno ripianati entro 5 anni. Dunque, calcolando la percentuale, in 5 anni l'Italia dovrà sborsare 14,33 miliardi, ovvero 2,86 miliardi all'anno. Sperando sempre nella clemenza dei governatori, che all'improvviso, e senza dover mai rendere conto a nessuno, potranno aumentare a loro insindacabile giudizio le quote.

È questo il motivo per cui è stata costruita l'Unione Europea?

Chi ha voluto l'unificazione economica dell'Europa?

Chi ha creato il debito, e perché dovremmo pagarlo noi semplici e onesti cittadini?

La crisi economica di questi anni è solo un caso oppure è una situazione cercata e voluta dai grandi gruppi di potere?

Solo creando una crisi le istituzioni più forti possono poi proporsi di risolverla, intervenendo dall'alto, come fossero una sorta di deus ex machina. E apparendo anche come presenze salvifiche, quando in realtà non fanno altro che curare e sistemare i propri interessi. D'altronde, il Fondo Monetario Internazionale ha costruito le proprie fortune su questo abuso di potere.

Facciamo un ipotetico esempio: siamo la Repubblica dei Fichi Secchi, e non siamo particolarmente svegli e produttivi. Così, un po' per pigrizia, preferiamo importare dall'estero prodotti migliori e più economici dei nostri. Ma in questo modo il debito estero aumenta e la nostra produttività diminuisce. Se avessimo una nostra moneta, potremmo svalutarla, col risultato di riequilibrare un po' la situazione: se i prodotti esteri iniziano a costare di più, ci diamo una mossa e innalziamo la produttiva, magari spingendo anche i nostri prodotti per l'esportazione. Ma non abbiamo una nostra moneta, facciamo parte di €urolandia! E così, come se avessimo un tasso di cambio bloccato, non riusciamo più a ripianare il debito estero: e i soldi del fondo salva-stati che generosamente €urolandia ci concede non fanno che peggiorare la nostra situazione, perché sul lungo termine ci costringono a pagare interessi altissimi, rendendoci loro schiavi.

Questo spiega perché il MES sia in realtà un colpo di Stato effettuato in 17 Paesi contemporaneamente.

Un ulteriore aspetto da approfondire è la composizione del consiglio dei governatori del MES.

Questi sono i suoi componenti:

- 17 ministri delle Finanze, uno per ciascuno Stato (e per l'Italia chi poteva esserci, se non Mario Monti?)

- 3 "osservatori", che più che osservare hanno il compito di "indirizzare":

il membro della Commissione Europea responsabile per gli Affari economici e monetari,

il Presidente dell’Eurogruppo (un club informale di questi 17 ministri delle Finanze)

e il Presidente della Banca Centrale Europea. 3 "osservatori" tutt'altro che neutrali che, con il loro "carisma", possono tranquillamente spingere il consiglio in una direzione o nell'altra.

Al MES, almeno per il momento, è richiesto di deliberare all'unanimità. In realtà, la faccenda è più complicata. L'importante è che non ci siano voti contrari. E una decisione è valida anche se non tutti i 17 ministri sono presenti: infatti ogni ministro rappresenta un numero di voti che corrisponde alla percentuale sottoscritta dal suo Paese. E quando sono presenti due terzi dei ministri, i quali a loro volta raggiungano i due tersi dei voti totali, le decisioni sono da ritenersi valide. In futuro, per impedire che qualche eventuale e coraggioso ministro delle Finanze di un piccolo Paese voglia fare il guastafeste e ribellarsi, il criterio dell'unanimità potrebbe essere modificato. E a quel punto basterebbe che i primi 4 contribuenti fossero d'accordo per togliere agli altri qualsiasi potere.

La dittatura della finanza è veramente alle porte.

Ed è destinata a rimanere impunita, perché ciascun membro del consiglio dei governatori ha diritto ad un'immunità totale, e non deve rispondere delle sue azioni a nessun parlamento, istituzione e tantomeno magistratura.

Se perfino Tremonti, che al tavolo dei grandi finanzieri si è comunque seduto, arriva a parlare di "nazismo bianco" c'è davvero di che preoccuparsi.


martedì 31 gennaio 2012

LA RAPINA PERFETTA



"Viviamo in un mondo in cui la suprema funzione del segno è quella di far scomparire la realtà e di mascherare nel contempo questa scomparsa"

(Baudrillard, Il delitto perfetto)


Dicevano che l'Italia era una Repubblica fondata sul lavoro.

Forse bisognerebbe trovare il coraggio di aggiornare la Costituzione, visto che l'articolo 1 sembra descrivere un Paese ormai inesistente.

Perché siamo arrivati a questo punto? Come ci siamo fatti trascinare nel buco nero della crisi economica e sociale, culturale e istituzionale?

I media ci raccontano che in tempi di crisi servono personaggi eccezionali e misure straordinarie per sopravvivere alle sabbie mobili che ci vorrebbero inghiottire. È sempre stato così, come durante le guerre. Ma oggi non dobbiamo preoccuparci troppo: la nostra democrazia non corre rischi, e il parlamento offre un serio sostegno al governo Monti.

Già, il governo Monti…

Un rapido fast rewind ci può ricordare come è nato.

È il novembre del 2011 quando, nel giro di pochi giorni, crollano i governi di due Paesi dell'Unione Europea. In Grecia, un Paese travolto dai debiti pubblici, il legittimo governo si dimette e l'Europa impone un nome: Papademos. Le firme raccolte dai cittadini per promuovere un referendum sulle misure di austerity vengono congelate. Tanto, a cosa serve la volontà del popolo?

In Italia il torpore della coscienza politica è radicato così profondamente che in pochi si accorgono di ciò che succede davvero, dietro le quinte. Dopo aver trasformato la politica in un degradante ed inutile teatrino, anche Berlusconi conosce finalmente il sapore amaro della sconfitta. Ma non viene abbattuto né da uno dei numerosi scandali sessuali che lo riguardano, né dall'inadeguatezza dei provvedimenti politici del suo governo, né da una sacrosanta insurrezione popolare: a piegare l'affarista Berlusconi sono le voci sullo spread, l'assenza di fiducia dei mercati internazionali, la congiuntura economica negativa che morde l'Occidente. Lo stato di emergenza creato ad arte spinge anche il presidente della Repubblica Napolitano a propendere per l'ipotesi del governo tecnico, per risollevare le italiche sorti. Così, in fretta e furia, Mario Monti viene nominato prima senatore a vita e subito dopo viene investito del ruolo di Capo del Governo. Sembra quasi la sceneggiatura di un film. Invece, purtroppo, non è soltanto finzione: la "democrazia sospesa" - come l'hanno definita alcuni giornalisti - è lo status attuale del nostro Paese.

Utilizzando le categorie di pensiero di Baudrillard, si potrebbe forse affermare che la rappresentazione della democrazia si è trasformata in una dimensione iper-reale, in una sorta di iper-democrazia: ovvero una costruzione artificiosa e irreale, inventata e tecnocratica, in cui il concetto stesso di democrazia assume contorni inquietanti, fino a perdere la propria identità.

Una democrazia imposta dall'alto non è un ossimoro?

Il punto è: chi sono i burattinai? Chi governa i fili? Chi ha il potere di tagliarli, questi fili, e di far uscire di scena una marionetta?

È del tutto evidente che esiste una sovranità superiore, quella europea. Ed è altrettanto lampante come l'Unione Economica Europea non sia comunque il vertice della piramide del potere. Ci sono dei gruppi, delle ristrette oligarchie finanziarie, che hanno il potere di influenzare l'andamento dei mercati e la vita politica degli Stati. E non si tratta solo degli sceicchi sauditi che, con il loro petrolio, hanno finanziato perfino il debito pubblico americano, né degli emergenti magnati cinesi lanciati alla conquista del mondo. Si tratta anche di organizzazioni private - come il famigerato gruppo Bilderberg e la Commissione Trilaterale - di super-finanzieri ed economisti che, dall'interno del sistema occidentale, cercano di condizionare le scelte di interi Paesi ed aree. Spesso riuscendoci. Perché il loro potere è quello del denaro. A chi conviene mantenere gli Stati in costante allarme, sotto la minaccia di fallimento, se non alle grandi banche che si accollano il rifinanziamento speculando sui tassi di interesse?

Forse senza rendersene conto anche i grandi finanzieri, costruttori di illusioni, finiscono però per vivere in un mondo iper-reale che si sta accartocciando su se stesso, come un foglio di carta che brucia. Sembra che anche i soldi siano diventati virtuali, come miraggi, chiusi dentro flussi invisibili. Siamo di fronte alla rapina perfetta: i concetti sono scollegati dai loro referenti reali. Come se, dopo aver studiato un accurato piano, i rapinatori riuscissero a penetrare in un caveau super-protetto e non trovassero nient'altro che foto e disegni di banconote e lingotti d'oro, rimanendo sbigottiti. Ma se il denaro non circola veramente, impedendo la perpetuazione del sistema produci-consuma-produci-consuma-crepa, vengono meno le basi dell'ideologia capitalista.

Ma chi ha costruito e gonfiato i buchi e i debiti statali? E chi li deve ripagare? Di chi sono le responsabilità? Perché nessuno ci racconta esattamente come stanno le cose? Perché un onesto cittadino dovrebbe piangere lacrime di sangue per contribuire a ripagare un debito di cui non ha alcuna colpa?

In questi giorni si sono moltiplicati i controlli della guardia di finanza a caccia di evasori fiscali. Cortina d'Ampezzo, Portofino, Milano... Prova di moralità del governo Monti o operazione ad alto impatto spettacolare, per mettere a tacere un po' di critiche? La lotta all'evasione è un aspetto fondamentale ed è giusto iniziare a combatterla veramente. Peccato che le operazioni spettacolari non abbiano intenzione di sfiorare il vero nocciolo del potere: la grande finanza, ambiente a cui appartiene anche il nostro attuale premier.

Dietro la sua rassicurante maschera da innocente, Mario Monti cela un aspetto molto pericoloso. Ha fatto parte dello Steering Committee (comitato direttivo) del gruppo Bilderberg ed ha avuto un ruolo direttivo anche nella Commissione Trilaterale. "Ha fatto parte" ed "ha avuto" sono formule al passato semplicemente perché la sua carica politica attuale è incompatibile con i ruoli ricoperti all'interno di queste associazioni private, che si propongono di guidare l'economia globale agendo sui canali della finanza e limitando la democrazia, ritenuta una forma troppo complessa da gestire. Ma poco contano le smentite e la cancellazione del nome di Monti dall'elenco ufficiale dei membri delle due organizzazioni: l'appartenenza ad una ristretta cerchia dominante e la condivisione di certe idee e valori - certificati da anni di riunioni segrete, frequentazioni, ruoli importanti - non si cancellano con il tasto di un computer. Anzi, il legame sembra rafforzarsi: Monti è un uomo della grande finanza uscito allo scoperto e mandato a dirigere la vita politica di una (ex) grande potenza occidentale, e, nonostante i suoi goffi tentativi, non può rendere invisibile questo legame.

In tutto questo processo di conquista del potere, che fine ha fatto il Parlamento? Si è stranamente compattato in una maggioranza silenziosa e apatica, forse solo in questo rappresentativa del nostro popolo oggi. Il fronte unico PD-PDL-UDC spaventa perché significa che il Parlamento ha abdicato: accettando la propria incapacità di governare, ha fornito l'appoggio ad un vero e proprio colpo di stato, divenendo il complice perfetto: perché è attraverso le forme istituzionali che il colpo di stato viene legittimato. Il recente sostegno della larga maggioranza al governo - con cui il parlamento ha dato il via libera a Monti affinchè con il suo carisma ci guidi verso la realizzazione degli Stati Uniti d'Europa - testimonia ciò che è avvenuto: la finanza ha ottenuto il potere attraverso la legalità.

E cosa importa al mondo della finanza se una piccola procura come quella di Trani avvia un'indagine contro le agenzie di rating come Fitch, Standard & Poor's e Moody's? Non possono certo essere due piccoli magistrati a fermare l'onda distruttiva del potere finanziario, che si fonde a quello politico fingendo di trasformarsi in esso, in un continuo gioco di simulazione e dissimulazione, per salvare le apparenze. Lo spread, le speculazioni, le voci che si rincorrono per essere poi frettolosamente smentite: sono queste le armi con cui il potere finanziario ha guidato l'assalto al potere politico. Mantenere gli Stati sul baratro della bancarotta è sempre un'occasione per i grandi banchieri, che hanno la possibilità di rinegoziare ingentissime somme alle loro condizioni.

Ma qual è il rischio di questo gioco? Cosa succederà quando gli stessi poteri forti si accorgeranno di aver scherzato col fuoco, fino a bruciare l'intero sistema economico? E chi ne pagherà le conseguenze?

Che qualcuno ci risponda...