E' come una lenta processione: tre auto che scivolano sulle colline dell'Anatolia.
La notte è squarciata dai
fari, scie di luce calda che accarezzano i profili delle colline e scandagliano
le strade deserte.
Un uomo, in manette,
chiude gli occhi. Vorrebbe solo dormire.
E invece ha promesso agli
investigatori di indicare il luogo in cui avrebbe sepolto il cadavere del suo
amico.
Il sonno e la colpa
appannano gli occhi, offuscano i ricordi.
Le campagne si
assomigliano tutte.
E l'uomo non riesce - o
non vuole - ricordare.
C'era una volta in Anatolia è cinema puro, essenziale. Cinema fatto di luci
che illuminano con dolcezza la notte, di vento che fa danzare le foglie, di
cieli carichi di fulmini e poesia. Il film di Nuri Blige Ceylan è un viaggio
nell'anima, in un paesaggio interiore notturno e malinconico, dove si è soli
con i propri mostri.
Tre macchine. Tre atti. E
tre personaggi cardine: il commissario, il procuratore, il medico.
Tutti maschi.
Le donne sono voci
metalliche al telefono, sono ombre del passato, sono ricordi struggenti. Sono
gli occhi dignitosi e forti di una vedova. Sono la bellezza angelica di
un'adolescente capace di illuminare il buio con una candela.
Le donne sono l'energia
generatrice, sono la vita che sopravvive alla morte.
…C'era una volta una
donna, di una bellezza inaudita, che aveva previsto con mesi di anticipo il
giorno della propria inspiegabile morte. "Infarto", aveva decretato
il dottore di turno. Ma come può una donna conoscere la propria fine? Una
carezza al bimbo appena partorito, e se n'era volata via. Com'era possibile?
"Dottore, una persona può decidere di suicidarsi per punire un'altra persona?"
"Le donne non
perdonano così facilmente, signor procuratore".
Anche gli uomini che
accusano per professione, volgendo lo sguardo dentro di sé, non possono che
annegare nel mare della colpa: la colpa di non saper amare abbastanza, di non
sapersi donare. La colpa di chiudersi a guscio nelle proprie miserie, lasciando
scappare i miracoli della vita. La colpa di non trovare le chiavi per diventare
dei buoni padri, dei buoni mariti, o semplicemente delle buone persone, vive.
Sui loro visi sono
disegnati occhi che trattengono a stento le lacrime.
Le barbe lunghe di giorni,
le rughe come cicatrici del tempo. E le macchie sulla pelle, simbolo di
decomposizione umana: le facce, le espressioni, i silenzi dicono più di tante
parole apparentemente casuali.
Nel dolore di uno sguardo
che si rovescia dentro, come una fredda autopsia, è racchiusa però anche la
speranza di recuperare la propria umanità, e di salvarne almeno una piccola
parte vitale.
Anche la fioca luce di una
candela può salvare la notte dal buio.