domenica 31 ottobre 2010

FUMO NEGLI OCCHI




Giù il sipario.

Per strappare le pesanti tende della ribalta e scardinare le travi portanti del palco.

Per spegnere la macchina del fumo.

Troppo fumo, nei nostri occhi.

Troppo menzogne alle nostre orecchie.

E troppa paura.

Paura che ci inchioda alle poltroncine, spettatori inermi e quindi complici dell'assurdo teatrino quotidiano in cui si decidono i destini del mondo: la politica, e la sua rappresentazione quotidiana.

Magari hanno anche paura di noi.

Magari tremano, e ci mentono per poter conservare i loro privilegi.

Ma noi non sappiamo reagire.

Perché ce ne stiamo qui a guardare, immobili, spenti da un continuo bombardamento massmediatico che ci istruisce su quali pensieri "pensare"?

Perché ci lasciamo prendere in giro in loop, come se ormai avessimo davvero una coscienza critica in tilt?

La guerra in Iraq, ad esempio. Perché abbiamo permesso tanto abuso di potere e tanta ipocrisia?


Lo rivela Wikileaks, con la pubblicazione di documenti militari segreti. Lo racconta anche un film come Fair Game: c'era qualcuno che sapeva. Qualcuno che ha anche tentato di opporsi al pensiero guerrafondaio dell'enturage di Bush. Ma la sua voce non è stata abbastanza forte. La voce di chi credeva nell'inutilità della guerra - di una guerra scoppiata solo per far crescere paure e introiti dell'industria bellica - è stata messa a tacere.

É questo il modello di democrazia da "esportare" per salvare gli "incivili" Paesi attaccati?

Ma neanche il popolo è innocente.

Perché l'ignoranza non è mai senza colpe.

Quanti soldati spediti nel deserto non conoscevano le vere ragioni del loro essere là, in mezzo alla sabbia, a rischiare la vita? Quale concezione potevano avere del valore della loro vita? Ecco allora che anche quei soldati, incarnazione "soggettiva" di una violenza "sistemica", diventano parte dell'ingranaggio, olio che fa scorrere i motori, disseminando morte come fumo nei nostri occhi.

E l'idea della "missione di pace" - associazione di parole tanto cara ai burattinai di casa nostra - è permeata della stessa violenza "sistemica".

Perché la menzogna è violenza.

Ciò che manca nella politica - ma purtroppo troppo spesso anche nel tessuto sociale - è l'umanità.

L'umiltà dell'umanità.

Così 20 sigarette - film autobiografico di Aureliano Amadei, unico civile sopravvissuto all'attacco iracheno al presidio militare italiano a Nassiriya, nel 2003 - diventa un film importante proprio perché, nonostante un eccesso di retorica che fa capolino solo nella parte finale dell'opera, fa emergere l'umanità delle persone coinvolte.

Un'umanità che si rivela sia nei sogni di pace di un aspirante regista, sia nei semplici gesti di accoglienza e rispetto di un militare in missione.

Perché la chiave di tutto è sempre lì: nell'umanità dei rapporti che ogni persona instaura con l'"Altro", con il diverso da sé.

E finché non faremo fruttare le nostre caratteristiche, la nostra specifica umanità, i cinici burattinai al potere continueranno ad insultarci e umiliarci, cercando di sotterrare le radici della nostra forza: l'umanità, la sensibilità, il calore umano.

Giù il sipario, allora.

E andiamo a spegnere la macchina del fumo.