sabato 31 luglio 2010

BOMBE IMPERFETTE


"la carne s’è fatta vendetta il corpo è la bomba perfetta

pacco esplosivo sigillato in provetta
bomba intelligente sporca asettica
il corpo è la bomba perfetta la carne s’è fatta vendetta"

Da dove nascono le immagini?

C’è una fucina dove vengono forgiate, confezionate, e immesse nel circuito dell’immaginario?

E chi ha il potere di sceglierle, di decidere come disegnarle, di farcirle di significati?

Nell’era degli schermi - sempre più digitali e tattili, sulla cui superficie si accendono a intermittenza frammenti di senso - sono le visioni e gli sguardi a costruire una realtà.

Visioni e sguardi pensati e strutturati anche a livello politico e sociale: e dunque pericolosi, perchè possono creare mondi paralleli artificiali ma dalle conseguenze terribilmente reali.

È la pratica della mistificazione, malattia mortale che scolla le immagini dai loro reali referenti.

“…E se i fatti non rispecchiano la teoria, tanto peggio per i fatti…”

Dopo sette anni di guerra e guerriglia quotidiana - fatta di sospetti e paure, di sabbia e sangue - le truppe americane sono pronte a lasciare i territori dell’Iraq. E lo fanno senza aver trovato tracce di armi di distruzione di massa (la causa che ha fatto scoppiare la guerra nel marzo 2003) e tantomeno senza aver saputo esportare e far crescere una vera democrazia. Lasciano perciò un Paese nel caos, ancora frastagliato in etnie che si odiano e si scontrano, in cui i terroristi sanno ancora - e forse più di prima - coltivare la loro vigliacca strategia del terrore, a suon di attentati e bombe contro i civili.

Perché il governo americano ci ha messo così tanto a far rientrare le truppe di una guerra che potrebbe essere infinita?

Perché tanta arroganza e prepotenza, da una parte e dall’altra, nella volontà di dominare, di imporre il proprio modello, senza saper accettare la diversità culturale e sociale?

Perché tanta ipocrisia e giochi sporchi, macchiati con il sangue di vittime innocenti?

Ancora prima che sul sito di Wikileaks venissero pubblicati e rivelati al mondo documenti trafugati a governi e a servizi segreti, era evidente che la verità non fosse quella che i telegiornali avevano tentato di dipingere.

E anche il cinema, fatto di immagini e di sogni, aveva illuminato con i suoi fari zone oscure del reale, accendendo nuove prospettive e particolari punti di vista, nello stesso tempo esterni ed interni alle cose, grazie al potere del racconto. Da Redacted e Nella Valle di Elah fino a The Hurt Locker e Green Zone la settima arte ha cercato il confronto con le immagini “ufficiali” della guerra in Iraq. Magari qualche volta non colpendo pienamente l’obiettivo, magari sfiorandolo, o anche solo rivelandolo, senza il coraggio sufficiente per affrontarlo. Eppure, nonostante tutto, film di questo calibro hanno cercato di svelare la falsità e l’artificiosità delle immagini in versione ufficiale. Suona un po’ paradossale forse, ma tant’è: come se una dichiarata “messa in scena” - quella del testo filmico - fosse in grado di penetrare più a fondo nel reale rispetto alle rappresentazioni di altri mass media preconfezionate e spacciate per vita vera.

E così, nel rivelare il gioco di costruzione di un’idea di realtà, il cinema diventa uno strumento politico e svela anche la violenza che il potere esercita sul corpo e sulla psiche sociale, nel tentativo di creare un mondo accettato e condiviso. Ma artificioso e artificiale. Un mondo che non vogliamo.